Corre l'anno 944 DC.
Ci troviamo nella città libera di Nedim, una delle cinque Città Libere della Penisola di Uria, affacciata sul Mare di Mezzo
e territorio neutrale nella guerra tra il Regno di Femeris e il Principato di Al'Kharij.
Nedim sorge ai piedi del vulcano Grefus, ed è uno dei porti più importanti del Mare di Mezzo, da cui le saltuarie spedizioni verso il Nuovo Mondo si riforniscono di risorse ed equipaggi.
A sorseggiare un Kahaf annacquato, affacciati sui moli e sul golfo della città, i nostri impavidi eroi:
Fargrim
Jamal
Jhaddo
Leif
Tas
Siamo un gruppo mal assortito di disperati, mercenari e profughi vari e ci arrabbattiamo con lavori di fortuna tra le caotiche strade della città e tra le rovine uriche nei dintorni.
Un recente ritrovamento attira l'attenzione della nostra scompaginata brigata: uno Scarabeo d'oro dissotterrato da Jamal e Fargrim nel corso di una recente sortita archeologica
sembra animato da un qualche tipo di vita artificiale.
Alimentato da una manciata di monete d'oro che sacrifichiamo alla causa, lo Scarabeo si rivela una sorta di bussola che punta fuori città. Equipaggiatici presso un ricettatore di fiducia, partiamo seguendo il misterioso segnale.
Giunti alla meta, troviamo un tumulo semisepolto, e accampati lì intorno un gruppo di poco di buono, armati, che sembrano piantonare la zona con intenzioni poco pulite.
Il nostro tentativo di parlamentare per proteggere il sito di probabile importanza storica e archeologica non va a buon fine, e ne nasce uno scontro all'arma bianca in cui abbiamo le meglio.
Il capo dei predatori di tombe fugge all'interno dello scavo, attaccandoci a sorpresa quando tentiamo di seguirlo, ma ci liberiamo velocemente anche di lui.
Perquisendo il suo cadavere, troviamo uno scarabeo simile al nostro e una mappa su cui è segnalata la posizione di questa tomba, e altre quattro lungo la penisola. Decidiamo di proseguire, fino ad un vicolo cieco in una camera sotterranea, in cui ci troviamo davanti ad una porta di pietra scolpita, chiaramente molto antica. Fargrim si fa crollare addosso il soffitto della camera ma ci rende accessibile la porta, che presenta un incavo in cui il nostro Scarabeo entra alla perfezione. Quando lo inseriamo come una chiave, il minuscolo costrutto scarica l'oro al suo interno all'interno della porta, alimentando un secondo costrutto - la statua di un serpente sormontato da un teschio - che si separa dalla porta e ci attacca. Dopo averlo distrutto, usiamo la frattura lasciata dalla sua massa per infiltrarci all'interno della tomba che proteggeva.
Dopo pochi passi all'interno degli oscuri cunicoli, facciamo scattare un'antica trappola le cui lame macellano l'intero gruppo che crolla a terra sanguinando, esanime.
Dopo qualche ora, ci riprendiamo e ci trasciniamo all'esterno, ringraziando la nostra buona sorte. Tutti, tranne Leif, le cui furtive avventure sono purtroppo giunte ad una fine prematura, violenta ed inaspettata.
Fargrim lo seppellisce poco cerimoniosamente nei boschi lì attorno, tenendosi il suo arco corto come ricompensa per la fatica, e il resto del gruppo si accampa nelle vicinanze per riprendersi.
Tornando alla tomba, scopriamo che alcuni membri del gruppo dei predoni erano lontani al momento dello scontro con i loro compagni, e si sono fatti belli delle nostre fatiche per penetrare più in profondità all'interno della tomba. Incrociamo alcuni dei loro corpi, uccisi dalle trappole della tomba, e assaltiamo alle spalle gli ultimi, intenti a cercare di forzare una camera centrale, facendone rapida mattanza. Poi a nostra volta, forziamo la camera centrale.
Ad accoglierci, intrappolata in quello che sembra un antichissimo mausoleo, una creatura non morta che dichiara il Suo ritorno e si lancia verso l'uscita facendosi largo con un'antica lama. La inseguiamo fino all'ingresso della tomba, che a quel punto comincia ad essere scossa da tremori e crolli come se la fuga della creatura avesse attivato un antico sistema di sicurezza. Mentre sabbia, detriti e rocce ci cadono addosso, finiamo la creatura e le sottraiamo i suoi artefatti evitando per un soffio di essere sotterrati a nostra volta.
Incerti sulla natura di ciò in cui siamo incappati, torniamo alla civiltà arraffando lungo la via il bottino raccolto dai predoni durante la nostra assenza.